La gioia di misericordia e Paola Geraci, medico

Circa due mesi fa, mi chiedevo quale fosse lo specifico che caratterizza i cristiani, coloro che credono in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, morto e risorto. Mi sono data la risposta che il perdono è la peculiarità dei Cristiani. E continuavo dicendo che volevo scrivere al Papa perché indicesse un Sinodo sul perdono, per farcelo conoscere e vivere meglio.

Dopo pochi giorni, e io ancora non ero passata ai fatti, cioè non avevo scritto al Papa, ecco la meravigliosa sorpresa: il Papa indice l’anno giubilare sulla misericordia: più che un Sinodo sul perdono!

Dire che la cosa mi commuove è superfluo: mi è sembrato di ricevere una risposta al mio desiderio ma soprattutto mi è sembrato il segno che il Padre vuole che tutti possano sperimentare il Suo Amore Misericordioso.

Questa richiesta, di fare una riflessione nel corso di questo evento “tra musica e parole”, è il completamento dell’episodio.

Da qualche tempo, avendo provato la difficoltà a perdonare e cercando un aiuto, avevo ripreso dalla libreria l’enciclica “Dives in misericordia” e cominciata a leggerla, credo per la prima volta. Una meditazione straordinaria, che nutre l’anima, la mente, i sentimenti, la volontà: insomma nutre la vita.

E ora ci prepariamo tutti a vivere questo anno giubilare ma più importante è che “ci convertiamo a vivere la misericordia”, perché “questo processo autenticamente evangelico non è soltanto una svolta spirituale realizzata una volta per sempre, ma è tutto uno stile di vita, una caratteristica essenziale e continua della vocazione cristiana”, dice il Papa San Giovanni Paolo II, al n.14 della Enciclica “Dives in misericordia” data nel 1980, 35 anni fa, nel terzo anno del pontificato.

Ed è questo anche il terzo anno del pontificato di Papa Francesco: una coincidenza che mi fa pensare al significato del numero tre: la perfezione.

Certamente molto altro ha scritto San Giovanni Paolo II, ma il tema della misericordia ha segnato come in filigrana il suo insegnamento, il suo papato, la sua vita, fino alla morte, avvenuta alla vigilia della domenica della Divina Misericordia, quasi come un sigillo posto dal Padre misericordioso sulla vita di quest’uomo.

(La festa che nel 2000 lui stesso aveva istituito, nella II domenica di Pasqua conosciuta come domenica in albis, di cui resta invariata tutta la liturgia, aggiungendo solo “o della divina misericordia”.)

Mi ha sorpreso il fatto che il Papa, nella sezione n.14, intitolata “La Chiesa cerca di attuare la misericordia” fa riferimento al medico, come esempio per spiegare quanto dice: ”L’amore misericordioso, nei rapporti reciproci tra gli uomini, non è mai un atto o un processo unilaterale. Perfino nei casi in cui tutto sembrerebbe indicare che soltanto una parte sia quella che dona ed offre, e l’altra quella che soltanto riceve e prende (ad esempio, nel caso del medico che cura, del maestro che insegna, dei genitori che mantengono ed educano i figli, del benefattore che soccorre i bisognosi) in verità tuttavia anche colui che dona viene sempre beneficato. In ogni caso, anche questi può facilmente ritrovarsi nella posizione di colui che riceve, che ottiene un beneficio, che prova l’amore misericordioso, che si trova ad essere oggetto di misericordia.”

Mi sono chiesta quando nel mio lavoro di medico ginecologo ho fatto questa esperienza.

La prima risposta è stata: “nell’incontro con la ragazza-madre”. Ne ho incontrate molte e adesso, ripensando a quegli incontri, posso affermare di avere fatto esperienza di misericordia, nella reciprocità, come dice il Papa.

Provo a spiegarlo: quando una donna si trova davanti ad una gravidanza e il padre del bambino l’abbandona, molte volte l’abbandona pure l’ambiente in cui è inserita o forse non la sostiene, magari non essendone informato. Anche se adesso siamo tutti “evoluti” e non ci sciocchiamo più di tante cose, la maternità della donna “single” fa sempre impressione, interpella il nostro essere “ben pensanti”. La donna sente “un marchio” che talvolta è così incombente da indurla ad abortire.

La misericordia diventa la “spinta” che può guarire il suo senso di inferiorità e darle la forza di accogliere il figlio. Molte volte ho fatto l’esperienza della misericordia verso la donna la quale vede pubblicizzato il suo “errore”, a differenza dell’uomo che può nascondersi, perché niente lo indica come autore del fatto. Un gesto d’amore si è trasformato in una dolorosa ferita di solitudine e di abbandono, reso manifesto dalla pancia che cresce. La misericordia si esprime con la prossimità, la dimostrazione di stima per il coraggio che può ritrovare in sé, l’affermazione di apprezzamento per la pur difficile scelta di vita, che genera vita. E l’amore misericordioso verso questa madre sofferente è ritornato verso di me, da parte di una persona, che guardando il figlio crescere, mi ha fa oggetto della tenerezza del suo amore, intrecciato con quello che nutre per il figlio.

La seconda risposta è stata: “nell’incontro con la persona ammalata”, sia nell’esercizio professionale, soprattutto con le donne affette da neoplasie ginecologiche e con i familiari, sia nel mio impegno diocesano nella pastorale della salute.

Da qualche anno si parla di umanizzazione della assistenza agli ammalati: che significa impregnare i rapporti, fra operatori e pazienti, di misericordia, vissuta come esperienza umana, presente anche nei non credenti, che si ritrovano sul rispetto della dignità della persona, specialmente se in condizioni di sofferenza per malattie. Lungo è il percorso per fare diventare realtà concreta tutte le parole che diciamo, ma lo Spirito Santo ha ispirato al Papa questa iniziativa non solo per ricordarci ma soprattutto per farci fare esperienza che paziente e misericordioso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore e per imitarlo.

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