Bene comune e beni comuni

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UMANESIMO DIGITALE 22-26 GIUGNO

Questa settimana, “La via siciliana per convenire a Firenze 2015” affronta il tema di bene comune e beni comuni.

A riflettere su questo argomento, Elio Rindone, docente di Storia della Filosofia e di Religioni Orientali dell’Università UPTER di Roma, e Francesco Viola, professore emerito di Filosofia del diritto Università di Palermo, entrambi intervistati da Filippa Dolce.

Nei suoi interventi, da lunedì 22 a giovedì 25 giugno, Elio Rindone ha parlato dell’attualità dell’espressione “bene comune”, non solo per la cristianità, ma anche come concetto fondamentale nell’organizzazione della società. Una collettività orientata al bene comune tiene conto del benessere spirituale, psicologico e materiale di ogni uomo, non soltanto di un gruppo.

A chi spetta farsi carico del bene comune? Certamente ognuno di noi contribuisce all’armonia o alla disgregazione sociale, al superamento dei limiti o all’incremento degli egoismi con il proprio comportamento. Una responsabilità particolare ha però la politica, il cui compito è garantire anche i diritti dei più deboli. Tra i punti focali del compendio della dottrina sociale della Chiesa c’è appunto l’immenso divario tra i molto ricchi e i molto poveri: anche i cittadini sono chiamati a ridurre questa spaccatura, anche attraverso l’esercizio consapevole del diritto di voto.

Le riflessioni si sono poi spostate dal bene comune ai beni comuni. Secondo la Chiesa, l’uso comune dei beni è un principio supremo, a cui sono subordinati tutti gli altri diritti: ecco perché è un dovere sociale restituirli alla loro finalità originaria. Anche la nostra Costituzione, del resto, prescrive che l’iniziativa economica privata non intralci l’attività sociale.
Oggi, i beni comuni sono quelle risorse che rischiano di essere compromesse per uno sfruttamento eccessivo o per una loro privatizzazione, che li rende accessibili soltanto pochi.
Questi rischi sono dovuti alla diffusione del neoliberismo, che ha trasformato l’uomo in consumatore e i valori in beni economici. Oggi va invece sempre più affermandosi il pensiero di bene comune da condividere e tutelare, in un’ottica generazionale e planetaria.

Di come gestire i beni comuni ha parlato, venerdì 26, Francesco Viola. Sia la gestione statale dei beni comuni che quella ad opera di soggetti privati si rivelano oggi inadeguate: la prima perché non tiene conto delle peculiarità delle singole situazioni, la seconda perché per definizione estromette dalla fruizione del bene alcune categorie. Alcuni studiosi teorizzano per queste ragioni una fruizione del bene “dal basso”, cioè direttamente da chi conosce la realtà: i pescatori di un luogo, per esempio, possono gestire meglio e da vicino il problema di come amministrare questa risorsa rispetto a un soggetto lontano o spinto da interessi personali.
Prima ancora del pensiero cristiano, il concetto di comune destinazione dei beni venne formulato dagli stoici, che già in tempi lontanissimi capirono come le risorse sulla Terra nascessero senza un proprietario e che fossero destinate a tutti.

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