La “Via Crucis” di Fernando Botero

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Umanesimo digitale 1-5 giugno

Per  “la via della Sicilia per convenire a Firenze 2015”, nella settimana dall’1 al 5 giugno si parla della via Crucis di Fernando Botero, ospitata a Palermo. A riflettere sulla frase del pittore colombiano, “Nella Via Crucis ho voluto presentare il dramma di Cristo come se fosse vissuto da un essere umano”, sono l’esperta d’arte Francesca Romano e Don Cosimo Scordato, docente di Teologia presso la Facoltà Teologica di Sicilia e Rettore della Chiesa S. Francesco Saverio all’Albergheria di Palermo, intervistati da Filippa Dolce.

Nei suoi interventi, dall’1 al 4 giugno, Francesca Romano pone l’accento sul percorso di Botero, che si snoda per 27 tele e 17 disegni: il pittore dissacrante e ironico lascia il posto a un artista concentrato a rappresentare la sofferenza di Cristo calata nella quotidianità e nella contemporaneità. Ecco perché alcuni personaggi sono vestiti in abiti moderni, alcuni anche in divise militari di ispirazione franchista.
Un altro tema trattato è il sacrificio di Cristo come monito in una via Crucis che ha ispirato gli artisti di tutti i tempi: Botero la riprende con  le immagini e i colori vividi della sua Colombia, in cui è forte l’iconografia cristiana, e ne fa un messaggio civile, contro ogni prevaricazione, per fissare le immagini della tragedia nella memoria come fece Picasso con Guernica, nel 1937.
Il Cristo di Botero porta con dolore e con coraggio il peso del peccati dell’uomo. Gesù muore in Central Park, nel centro di New York, che pullula di tanti uomini ma indifferenti. Sono piccoli, quasi “illegibili” in confronto alla grandezza di Cristo: perfino Simone di Cirene, che raccoglie la Croce, è raffigurato di spalle, gli altri hanno lo sguardo nel vuoto.
Nel suo ultimo intervento, Francesca Romano analizza un altro aspetto dell’opera:  “un modo inedito di rappresentare un tema classico”. Quello di Botero è uno stile inconfondibile. Anche in questo caso i corpi sono voluminosi e la tavolozza ricca di colori, ma stavolta fa ingresso il dramma: la sofferenza, le lacrime, gli occhi arrossati. In questo percorso, l’artista si ricollega alla tradizione classica e rinascimentale. Come i pittori medievali, e son solo, raffigura se stesso con il vestito migliore, come si addice a una cerimonia solenne, e vecchio e nuovo si intrecciano mirabilmente.

Le riflessioni proseguono, venerdì 5 giugno con Don Cosimo Scordato, che pone l’accento sull’umanità del Cristo rappresentato da Botero, in cui vengono oltrepassate le barriere dello spazio e del tempo. La principale fonte di ispirazione  sembra essere la Passione secondo Giovanni, in cui la sofferenza e l’approccio alla morte sono esse stesse superamento di sofferenza e morte. Il Gesù di Botero attraversa gli uomini che vogliono costringerlo in una umanità di morte e guarda oltre, è portatore di un messaggio di vita, di una umanità più grande, come più grande Lui è rappresentato. Una tragedia che travalica la storia, espressa con la rappresentazione di tutte le razze ed epoche. La Colombia di Botero emerge infine nelle figure volumetriche che richiamano la tradizione arcaica della dea madre, l’essere portatore di vita insito in ogni corpo.

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